Ieri sera, mentre mi davo da fare con il ricamo per terminare al più presto il mio lavoro per il piccolo Alessio, ho ascoltato una notizia in televisione riguardande la Fallaci. E' stato pubblicato il suo ultimo libro postumo "Un cappello pieno di ciliege" il suo bambino di carta è ora nelle librerie... Così lei stessa scriveva al riguardo...
"Ho una speranza. Vorrei scrivere un libro bello e importante. Vorrei che fosse il mio bambino di carta. Vorrei che questo bambino restasse vivo anche quando io sarò morta da tempo. Perchè dai libri nascono i libri, così come dalla gente la gente. Ciò significa che vorrei morire un pò meno quando morirò."
Mentre ascoltavo questa notizia ho ripensato alla sua vita di grande donna a mio avviso. Fin da bambina, alla tenera età di dieci anni, il padre la coinvolse nella resistenza con compiti di vedetta: per il suo attivismo durante la guerra ricevette a 14 anni, nel 1943 un riconoscimento d'onore dall'Esercito Italiano. Dopo il liceo e dopo un inzio alla facoltà di medicina, si dedicò al giornalismo dietro suggerimento dello zio, attività che svolse con grande successo. Negli anni sessanta fu corrispondente di guerra per l'Europeo in Vietnam, scrisse per i giornali più famosi e intervistò alcuni degli uomini più importanti della terra, rimase ferita a città del Messico in un attentato agli atleti delle Olimpiadi. Più recentemente durante l'attacco alle torri gemelle fu molto attaccata e anche minacciata per le sue dure parole contro il mondo arabo o mussulmano in senso lato.
Io penso che sia stata una grande donna, molto coraggiosa, con una vita molto difficile. Non parlerò delle sue idee politiche perchè il mio blog non vuole parlare di politica, ma parlerò della donna Oriana Fallaci. La donna che traspare dai suoi libri, la donna che ama. Tra le sue interviste ce ne fu una con Alexandros Panagulis, leader della Resistenza greca contro il regime dei Colonnelli. Si incontrarono il giorno che lui uscì dal carcere, s'innamorarono e la loro storia d'amore è raccontata dalla scrittrice nel libro "Un uomo".
Alekos così lo chiamava fu un prigioniero politico che tentò di far saltare in aria la dittatura, che negli settanta opprimeva la Grecia, ma fu catturato e visse diversi anni in carcere subendo le torture più atroci ogni giorno. Ogni tortura fisica e psicologica viene dettagliatamente descritta nel libro. In carcere Alekos cercava di scrivere per passare il tempo e nonostante gli furono tolte carta e penna non si arrese e scrisse lo stesso....questo racconta lui stesso in una poesia:
"Un fiammifero per penna
Sangue versato in terra per inchiostro
L'involto di una garza dimenticata per foglio.
Ma cosa scrivo?
Forse ho solo tempo per il mio indirizzo.
Strano, l'inchiostro s'è coagulato
Vi scrivo da un carcere
In Grecia.
(Prigioni militari di Bogiati, 5 giugno 1971 - dopo essere stato picchiato)
Sangue versato in terra per inchiostro
L'involto di una garza dimenticata per foglio.
Ma cosa scrivo?
Forse ho solo tempo per il mio indirizzo.
Strano, l'inchiostro s'è coagulato
Vi scrivo da un carcere
In Grecia.
(Prigioni militari di Bogiati, 5 giugno 1971 - dopo essere stato picchiato)
Una volta uscito dal carcere conosce Oriana e s'innamora, ma il loro amore intenso e passionale è perseguitato dalle autorità greche, viene sempre seguito di nascosto, sempre minacciato, sono spesso fuggiaschi a Firenze per vivere il loro amore lontano da tutto, lontano dalla paura di essere ucciso, ma anche lì vengono seguiti e in un momento di follia lui picchia Oriana facendole perdere quel figlio che lei ancora non sapeva di avere...quel figlio mai nato ...da qui il suo best seller "Lettera ad un bambino mai nato" .Uno dei libri che mi ha fatto piangere quando l'ho letto.
Il rapporto d'amore fu intenso ma difficile, questo anche a causa dei tormenti vissuti da Panagulis in carcere.
Questo scrive Oriana di lui nel libro:
"troppo spesso in quei quattordici mesi di vita insieme m'ero stancata di camminare nel tuo deserto, alleviare la tua solitudine senza diminuire la mia; troppo spesso il personaggio che amavo s'era sbriciolato in altri personaggi, magari per ricomporsi in un individuo inspiegabile e irriconoscibile"....
"le sue durezze di roccia, le sue chiusure da ostrica. Più tentavo di aprire l'ostrica per estrarne la perla più essa mi resisteva colando un liquido nero, più scavavo la roccia in cerca di rubini e smeraldi più trovavo sassi e carbone. Il tuo bosco era pieno di sterpi, di spine, appena vi coglievo un fiore mi graffiavo, mi insanguinavo"
Più volte Oriana tormentata dalla difficoltà di vivere tale rapporto cerca di allontanarsi dal suo amato e così scrive:
"Eppure di occasioni per sfuggirti ne avevo avute, avrei potuto coglierle a manciate....ma le avevo sempre respinte e così il cancro aveva proseguito il suo corso per dimostrarmi che amare significa soffrire, che l'unico modo per non soffrire è non amare, che nei casi in cui non puoi fare a meno di amare sei destinato a soccombere. In altre parole il mio problema era insolubile, la mia sopravvivenza impossibile la fuga non serviva a nulla"....
"Si ha un bel dire che la serenità addormenta, che la felicità rimbecillisce, che il soffrire invece sveglia e dà idee. Il soffrire paralizza, spenge l'intelligenza, uccide. E con te avevo sofferto veramente troppo. Salvo piccole casi di gioia, brevi grandinate di allegria, la nostra unione era stata un fiume di angosce, pericoli, follie, nevropatie, stare con te era come stare in prima linea...."
Panagulis morirà in un apparente incidente stradale il 1° maggio 1976. Nel libro Oriana racconta spesso di quando quella macchina verde che lui aveva acquistato dava troppo nell'occhio, racconta spesso di quante volte erano seguiti da loschi individui....il tutto non era altro che la premessa di una morte annunciata...così descrive il suo uomo gli ultimi giorni di vita...
"V'è una misteriosa espressione sul volto di quelli che sanno di andare a morire, un'ombra che si condensa negli occhi e che si trasmette nei gesti. La vedi ad esempio nei malati che lasciano l'ospedale per spengersi nel loro letto, o nei soldati che partono pe un combattimento da cui non si torna. E lì per lì è difficile metterla a fuoco perchè più che vederla la senti: soltanto dopo la morte, nel ricordo, essa t'appare nitida come una fotografia ben stampata, e di colpo capisci cos'era. Era la nostalgia del futuro che non verrà, la consapevolezza improvvisa che mancando il futuro perfino il presente è illusione e solo il passato è esistenza...."
"E giunse l'ultimo giorno che passammo insieme, il giorno che per mesi e per anni la mia memoria avrebbe frugato di più alla ricerca ostinata di ogni particolare, ogni istante, quasi che ciò servisse a restituirmi una goccia di quel che avevo perduto, però senza riuscirci anzi smarrendomi nello stupore impotente che coglie quando ci si risveglia da un sogno che non si ricorda. Era un sogno importante eppure non si ricorda un sipario è calato su troppi particolari, un velo di tenebre che ha spento le immagini, i suoni, e che non si può strappare neanche diradare. Invano rincorri l'eco d'un rumore, d'un gesto invano t'illudi d'averlo acchiappato, nel medesimo istante in cui ti pare di stringerlo in mano esso si dissolve e devi rassegnarti: il sogno è proprio svanito".
Questa era Oriana la donna, questa era la donna che amava ....e credo che i suoi libri e il suo bambino di carta vivranno per sempre.
Negli ultimi anni della sua vita colta da un cancro scriveva ancora
«Ho sempre amato la vita. Chi ama la vita non riesce mai ad adeguarsi, subire, farsi comandare. Chi ama la vita è sempre con il fucile alla finestra per difendere la vita… Un essere umano che si adegua, che subisce, che si fa comandare, non è un essere umano»
(da un’intervista del 1979, di Luciano Simonelli).